Kyoto 京都市 – Il fascino della tradizione

Là dove il passato influenza più che mai il presente, mostrando il volto autentico di una cultura millenaria che profuma di vera Asia.

Usufruendo del Japan Rail Pass (vedi Giappone: Istruzioni prima dell’uso), dalle pendici del Monte Fuji raggiungiamo in treno Kyoto, una città assai lontana, tanto geograficamente quanto spiritualmente, dalla più grande Tokyo. In passato capitale dell’impero, Kyoto è oggi celebre per la sua atmosfera trasognante: sebbene i quartieri più marginali siano contraddistinti da uno stile contemporaneo, il suo vero centro rifiuta l’architettura moderna e conserva ancora inalterato il fascino della sua ambientazione tradizionale.  Qui si fa un salto indietro nel tempo e si si entra in contatto con il Giappone dei racconti mitici: quello dei vicoli stretti dove si nascondono le geishe; delle machiya, le casette di legno tradizionali che si affacciano sui corsi d’acqua; quello dei profumi inebrianti e delle luci soffuse delle lanterne rosse di bambù. Kyoto è un gioiellino che si scopre in fretta ma che poi ti resta nel cuore a lungo. “Ipnotizzante” è l’aggettivo che meglio ne riassume la magia.

DAY 1 

Arriviamo a Kyoto quando è ormai sera. Il Karaksa Hotel Kyōto One è la struttura ideale per soggiornare qui: ottimo rapporto qualità prezzo e posizione centralissima.

COME MUOVERSI Kyoto è una città a misura d’uomo, che prevalentemente visiterai a piedi. Per raggiungere le attrazioni più distanti ripiega su taxi o treni perché, fidati, è meglio evitare gli autobus: quando riuscirai a capire come funzionano, sarà sicuramente giunto il momento di rientrare in Italia!

E’ una magnifica serata di maggio, una di quelle dall’aria frizzantina che invogliano a stare all’aperto. Ci incamminiamo verso Pontocho, il quartiere tradizionale parallelo al lato occidentale del fiume Kamo-gawa, che dopo il tramonto pullula di vita. Si tratta di strette viuzze, illuminate dalle luce delle lanterne, piene di case da tè e ristorantini con magnifiche terrazze sull’acqua. Stregate da quella magica atmosfera e convinte che la possibilità di incontrare una geisha sia una semplice leggenda metropolitana, siamo intente a studiare i vari menù esposti per scegliere dove cenare. All’improvviso, ecco apparire due volti bianchissimi e i kimono più belli mai visti: Due geisha con le rispettive maiko, ci passano affianco ed entrano velocemente in una abitazione privata. E’ questione di attimi e non riusciamo, ovviamente, ad immortalarle, ma vederle dal vivo è davvero suggestivo.

STORIA DI UNA GEISHA 芸者 La parola “geisha” significa “persona versata nelle arti”.
All’interno della società giapponese, il ruolo della geisha ha una valenza molto diversa dalla stereotipata ed erronea interpretazione (diffusa nei paesi occidentali) di prostitute d’alto bordo. Si tratta, in realtà, di una vera e propria professione, che impone alle giovani apprendiste (le maiko)  anni di severa preparazione presso le Okiya, apposite case-scuola, in cui si apprendono le nobili arti giapponesi (il canto, le danze tradizionali, la cerimonia del tè e l’utilizzo dello shamisen, uno strumento musicale a tre corde). Le geisha sono dunque intrattenitrici dotate di spiccata intelligenza, educazione, cultura e talento, che vengono pagate per ravvivare le occasioni sociali, ma non sono tenute ad avere rapporti sessuali con i clienti. Questo compete invece alle oiran 花魁, le cortigiane di lusso, che come le geisha, portano elaborate acconciature e si tingono il viso di bianco, ma, contrariamente a loro, indossano l‘obi (la cintura a fiocco del kimono) legata sul davanti piuttosto che sulla schiena.

Alla fine per cena optiamo per Daitoryo, un localino caratteristico con terrazza a palafitta, che serve tataki di tonno e tempura spaziali. Kyoto ci augura la prima buonanotte sulle note della chitarra di una ragazza giapponese, che suona melodie zen lungo il fiume. Emozioni, semplicemente, indelebili.

DAY 2

Sveglia di buon ora e raggiungiamo in taxi il Kinkaku-ji, il celebre tempio del padiglione d’oro immerso in un splendido giardino giapponese. Costruito come villa per un potentissimo comandante militare di età feudale, ospita una meravigliosa pagoda ricoperta interamente di foglie d’oro, che si rispecchia nelle acque dello stagno su cui sorge. Visitalo la mattina presto, subito dopo l’apertura. E’ talmente tanto conosciuto che lo troverai sempre un pò affollato, eppure non perdertelo perché solo la sensazione di pace che regala il suo parco ripaga ampiamente il biglietto d’ingresso.

AOI MATSUTI 葵祭  Se, come noi, hai la grandissima fortunata di trovarti a Kyoto il 15 maggio, non puoi assolutamente ignorare l’Aoi Festival: una storica parata in abiti tradizionali. Si tratta di una lunga processione che, guidata dal messaggero imperiale a cavallo seguito da carri trainati da buoi, parte dal palazzo imperiale, attraversa la città e si conclude fra vari riti celebrativi presso i santuari di Shimogamo e Kamigamo.

Al Palazzo Imperiale c’è grandissimo fermento. Questo festival è un evento annuale ufficiale, davvero molto sentito dalla popolazione. Ad assistervi ci sono anche le scuole: perfino quelle dell’infanzia, che in stravaganti passeggini collettivi portano in uscita didattica i bimbi più piccoli. Hanno volti paffutelli di una bellezza unica. La pausa pranzo è al Nishiki Market, un pittoresco mercato alimentare in galleria, meglio conosciuto come “la cucina di Kyoto”. Un agglomerato di negozi, bancarelle e piccole taverne da cui provengono profumi inebrianti. Qui si possono acquistare o mangiare i cibi più vari. Ci guastiamo ben tre porzioni di yakisoba fumanti…troppo buoni perché un piatto a testa fosse sufficiente!😋 Il pomeriggio lo dedichiamo al quartiere di Gion, il vero cuore della Kyoto millenaria. Questo è il regno delle machiya che si affacciano sul torrente Shirakawa; delle case da tè dove si svolgono complessi cerimoniali; degli abitanti locali che vestono con normalità il kimono, come noi facciamo con jeans e scarpette. Alla luce calda del tramonto attraversiamo il Tempio di Yasaka e saliamo la collina lungo le splendide via ciottolate di Ninnenzaka e Sannenzaka, fino al santuario di Kiyomizu-dera. Bottege particolarissime con piccoli giardini zen annessi, ombrellini di paglia esposti dalle terrazze delle abitazioni, salici piangenti e pagode tutt’intorno…questo posto è estremamente ayurvedico, sa come curare l’anima. Ceniamo a Kokoraya, un altro ristorantino eccezionale di Pontocho, dove sperimentiamo uno strano piatto tipico a base di patate dolce e tofu.
DAY 3

Il nostro ultimo giorno lo impegniamo nella visita di due luoghi che a Kyoto proprio non si possono non vedere. Come prima tappa, raggiungiamo in treno il sobborgo alberato di Arashiyama, celebre per sua la celebre foresta di bambù: un bosco magnifico, tanto maestoso da sembrare quasi irreale. Anche questo, è uno di quei posti che è meglio visitare la mattina presto, il prima possibile, soprattutto se nei tuoi piani c’è l’intenzione di scattare qualche bella foto senza troppe persone sullo sfondo. Qui, a nostra insaputa, scopriamo di essere famose: ragazzine di una scolaresca sono folgorate dai nostri capelli biondi (una rarità in Giappone) e ci pregano di lasciarci fotografare insieme a loro. Saremmo mica diventate delle star?! Dopo lo shooting, ci dirigiamo al Monkey Park, un parco dedicato alle scimmie che sorge in cima ad una collina, da cui si gode una magnifica vista su Kyoto. L’afa è tremenda e gli scalini sembrano non finire mai, eppure il traguardo ripaga il sacrificio: il panorama è superlativo e le abitanti della riserva adorabili! Come seconda tappa, nel pomeriggio, ci spostiamo dalla parte opposta della città e visitiamo Fushimi-Inari: il santuario conosciuto per i suoi enormi torii rossi, i tradizionali portali d’accesso che popolano le aree sacre giapponesi. Qui, tantissime statue di volpi che stringono fra le fauci una chiave, e torii che si ripetono all’infinito, fino a raggiungere dimensioni monumentali: ognuno di questi è stato donato al tempio da un’azienda giapponese (le iscrizioni sui pilastri riportano i nomi dei benefattori) in onore del dio Inari, da sempre protettore degli affari. Di ritorno in città, scendiamo alla stazione centrale di Kyoto, una zona urbana dallo stile ultramoderno, in netto contrasto con i quartieri circostanti. Ceniamo lì di fronte, presso la food hall della Kyoto Tower, la torre panoramica della città. Il suo piano sotterraneo è esclusivamente dedicato alla gastronomia: aree comuni dal design super curato, splendide cucine a vista e l’imbarazzo della scelta per chi, come noi, ama lo street food! Questa sera optiamo per la carne, e salutiamo Kyoto assaggiando la sua grande specialità, il manzo di Kobe: il wagyu in assoluto più pregiato.

IL MANZO CHE FA BELLA VITA… PRIMA DELLA GRIGLIA! Il Kobe è una prelibata e rara carne di manzo dal manto nero, ottenuta con metodi di allevamento leggendari, che prevedono l’ascolto di Mozart, sorsi di birra e massaggi giornalieri con guanto di crine. Ne risulta una carne marmorizzata particolarmente succulenta, dalla consistenza molto grassa ma dalla tenerezza sorprendente. E’ certificata da un vero e proprio marchio registrato ed impone che le mucche provengano solo ed esclusivamente dalla prefettura di Hyōgo (dove si trova la città di Kobe). Il suo prezzo è del tutto proibitivo: può raggiungere perfino i 1000€ al chilogrammo.

La nostra degustazione di wagyu (generico bovino giapponese, dal sapore comunque squisito) ne prevede solo un piccolo triangolino: conto salato ma assai meritato.


| Giappone Feltrinelli |

La guida perfetta per preparasi ad un viaggio itinerante nella Terra del Sol Levante.
Molto ampia, eppure non scontata, segnala anche i luoghi meno commerciali.

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